martedì 20 novembre 2012

Il cliente oggi è un sog­getto che sente sem­pre più il biso­gno di inte­ra­gire con il brand, esi­gendo che que­sto si ponga ad un livello pari, che accetti e desi­deri lo scam­bio di opi­nioni. È que­sta la con­vin­zione uni­ver­sal­mente accet­tata tra gli addetti ai lavori e che spesso viene data per scon­tata. Forse troppo. Sono signi­fi­ca­tivi in que­sto senso i dati, ripor­tati da Socialbakers.com, in un post che appro­fon­di­sce quanto, effet­ti­va­mente, la custo­mer care online dei brand sia attenta alle esi­genze degli utenti. Sarebbe ovvio aspet­tarsi che quando una marca decide di tes­sere le pro­prie rela­zioni con i clienti, que­sta sia pro­pensa a dia­lo­gare con la pro­pria audience, rispon­dendo alle loro domande (o quan­to­meno ad una netta mag­gio­ranza) e facen­dolo nel minor tempo pos­si­bile, in modo che l’interazione possa essere fluida. Quello che con­cre­ta­mente avviene è spesso molto diverso. I dati ripor­tati da Social­ba­kers par­lano chiaro: il 70% delle domande su Face­book ven­gono igno­rate. Addi­rit­tura, il 25% dei brand decide di “chiu­dere” la pro­pria bacheca, evi­tando le domande degli utenti e rinun­ciando in modo totale al dia­logo. Sem­bra che, ad un cliente ormai dive­nuto con­sa­pe­vole di quelle che sono le dina­mi­che di mer­cato e capace di scelte sem­pre più per­so­nali e auto­nome, non cor­ri­sponda da parte dei brand una ade­guata con­sa­pe­vo­lezza delle nuove dina­mi­che comunicative. Distin­gue­rei, sem­pli­fi­cando, tre cate­go­rie prin­ci­pali della comu­ni­ca­zione web, che deri­vano da dif­fe­renti approcci comu­ni­ca­tivi: il web come vetrina, lo scam­bio tronco e la comu­ni­ca­zione social-izzante. Il primo, ormai ridut­tivo, approc­cio alla comu­ni­ca­zione web con il cliente, con­si­ste nell’utilizzare lo spa­zio web come una vetrina, tra­mite la quale met­tersi in mostra. Era que­sto l’approc­cio dei primi siti inter­net all’epoca della loro prima dif­fu­sione in massa. A guar­dare bene però, la logica comu­ni­ca­tiva di quel 25% dei brand che deci­dono di chiu­dere le pro­prie bache­che ed evi­tare il dia­logo, è la stessa di quell’internet fatto di modem 56k e Nap­ster. L’errore che spinge ad un tale ridut­tivo approc­cio è quello di soprav­va­lu­tare la pro­pria intrin­seca forza per­sua­siva. Que­sta divi­niz­za­zione del pro­prio brand è ora­mai inat­tuale e risponde a cri­teri di comu­ni­ca­zione uni­di­re­zio­nale che hanno oggi una effi­ca­cia asso­lu­ta­mente limi­tata e circoscritta. La seconda cate­go­ria si rife­ri­sce all’approccio di quei brand che pro­vano a coin­vol­gere l’utente, non solo ripor­tando le noti­zie e pro­po­nendo ini­zia­tive ma ren­dendo l’utente par­te­cipe di quello che è il pro­prio uni­verso di valori. Tut­ta­via que­sto atteg­gia­mento pro­po­si­tivo, teso ad accom­pa­gnare gli entu­sia­smi dei clienti, si tra­sforma troppo spesso in un atteg­gia­mento di chiu­sura quando ad essere espressi sono le cri­ti­che, il mal­con­tento, le domande sco­mode. Una scelta di que­sto tipo deriva dal timore di pro­te­ste o attac­chi al brand. Il rap­porto con i fan è vivo solo quando il feed­back è posi­tivo, ma il brand evita il dia­logo costrut­tivo sui temi più controversi. Un social media mana­ger capace dovrebbe invece non solo accet­tare le cri­ti­che, ma tro­vare in esse, più ancora che nelle mani­fe­sta­zioni di entu­sia­smo, l’occasione per mostrarsi attento ed inte­res­sato ai biso­gni e agli umori del cliente. Non rispon­dere ad una que­stione sol­le­vata da un utente non equi­vale sol­tanto ad assu­mere una posi­zione neu­tra ma indi­spet­ti­sce il pro­prio tar­get rischiando di ren­derlo dif­fi­dente o addi­rit­tura ostile. D’altro canto una par­te­ci­pa­zione inte­res­sata e coin­volta da parte della marca alle pro­ble­ma­ti­che o alle pre­oc­cu­pa­zioni dei fan, raf­forza il vin­colo di fidu­cia ed è qui che il brand si mostra come per­sona e ponen­dosi allo stesso livello del sin­golo cliente, costrui­sce la relazione. La carat­te­ri­stica intrin­seca di un social media con­si­ste nel suo essere uno spa­zio desti­nato allo scam­bio comu­ni­ca­tivo. Tale scam­bio dovrebbe essere il più pos­si­bile spon­ta­neo e libero da vin­coli. È indub­bio che la capa­cità di con­ver­gere l’attenzione del pub­blico, rende il social media un mezzo per­fetto tra­mite cui i brand pos­sono sta­bi­lire rela­zioni. Pur­chè que­sto avvenga però, è neces­sa­rio che il brand accetti e con­di­vida le regole del con­te­sto in cui ha scelto di muo­versi. In fondo la grande poten­zia­lità di un social net­work è pro­prio quella di con­net­tere due entità e farle “diven­tare ami­che”. Il brand, in que­sto, non è un’eccezione.

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