venerdì 12 aprile 2013

IL PENSIERO SOCIOLOGICO E LO SPETTACOLO DELLE IMMAGINI IN MOVIMENTO


Sono passati più di cento anni dalle proiezioni dei fratelli Lumière e fin dai primi spettacoli questa grande invenzione suscitò negli spettatori l'emozione di chi assiste ad un evento del tutto nuovo e sorprendente, a metà strada fra la meraviglia tecnica e la magia. Oggi il cinema è diventato una componente essenziale e quotidiana della vita e ogni giorno sono milioni le persone che affollano le sale cinematografiche; si vive in un fiume inesauribile di immagini audiovisive che documentano i problemi e le vicende del nostro tempo, ma che invitano anche allo svago e al divertimento. 
Il cinema, in particolare, esercita sul pubblico una speciale suggestione per l'illusione di realtà che lo caratterizza, una vera "fabbrica dei sogni". Andare al cinema è inevitabilmente compiere un rito sociale e integrarsi all'insieme di coloro che assistono ad uno spettacolo.
Quindi lo spettacolo cinematografico si svolge secondo un rituale socialmente organizzato: si spegne la luce all'inizio del film, la si riaccende nell'intervallo ecc. Siamo talmente educati a queste pratiche che ci sembrano normali, inevitabili. 
Alle origini del cinema, ragioni varie che gli storici non hanno mai cercato di chiarire, indussero ad adottare la proiezione al buio; l'abitudine si è perpetuata al punto che oggi il pubblico accetta con difficoltà la penombra.
Inoltre, la maggior parte dei film sono costruiti su una storia; eppure la storia non è che un aspetto del film. Ci si deve interessare prima alla costruzione e all'utilizzazione del materiale filmico. In questo materiale, l'immagine occupa uno spazio enorme. 
Secondo Sorlin: un film non è nè una storia, nè un duplicato del reale fissato su celluloide; è una messa in scena sociale. E questo per due ragioni: il film costituisce prima di tutto una selezione, poi una ridistribuzione, riorganizza con elementi presi, in sostanza, nell'universo ambientale un universo sociale che per certi versi ricorda l'ambiente da cui è uscito, ma nella sostanza, nè è una sua trasposizione fantastica.

Prendendo spunto da persone e luoghi reali, da una storia a volte autentica, il film crea un mondo proiettato. Ma sul realismo o non realismo del cinema si è aperto un dibattito dove la posizione di Andrè Bazin è tra le più interessanti e, insieme, più contraddittoria. 


Andrè Bazin
Bazin ritiene, infatti, il cinema una forma di partecipazione al mondo e, allo stesso tempo, la tecnica più adatta a svolgere quella funzione preservativa nei riguardi della vita che l'autore attribuisce all'intera storia delle arti plastiche. Possiamo cogliere, nell'idea baziniana, un riferimento al "complesso della mummia" di Morin che vuole il rito della sepoltura come un momento di accensione dell'immaginario. 




In questo contesto, quindi, il cinema libererebbe l'arte dell'uomo, ricalcando la realtà sia nello spazio sia nel tempo e aggiungendole una dimensione ulteriore, quella dell'immagine che non rappresenta la realtà stessa, ma piuttosto la prolunga. Il cinema, come ogni figurazione, è un'immagine ma, come la fotografia, è un'immagine dell'immagine percettiva e, più della foto, è un'immagine animata, cioè viva. Quindi proprio perchè rappresentazione di rappresentazione viva, il cinema ci chiama a riflettere sull'immaginario della realtà e sulla realtà dell'immaginario. Tutto fa perno sull'immagine, perchè questa non è solo il punto d'incontro tra reale e immaginario ma è l'atto costitutivo radicale e simultaneo del reale e dell'immaginario. Morin parla dell'immagine che non è un doppio, un riflesso, cioè un'assenza. L'immagine è una presenza vissuta e un'assenza reale, una presenza-assenza. 
La qualità del doppio può essere proiettata in ogni cosa. E' proprio in virtù di questo, è in possesso di una qualità particolare che viene chiamata estetica e che ha la stessa origine della qualità del doppio. Doppio e immagine devono essere considerati come due poli di una stessa realtà.
Possiamo allora affermare che il linguaggio del cinema ha la stessa continuità dialettica del linguaggio delle parole, ma è molto meno differenziato. Il linguaggio del cinema si pone tra quello delle parole e quello della musica; per questo è riuscito ad attirarli e ad associarli a sè in una polifonia espressiva. Il film si presenta, dunque, come il momento in cui due realtà si ricongiungono: quella incorporata nella pellicola e quella dello spettatore. La partecipazione che crea il film è creata dal film, è nel film, nucleo nascente del sistema di proiezione-identificazione che s'irradia nella sala. 
Vero e proprio robot dell'immaginario, il cinema immagina per me, al mio posto e al tempo stesso fuori di me con un'immaginazione più intensa e più precisa. Il film rappresenta e, al tempo stesso, significa. Il film riconduce il reale, l'irreale, il vissuto, il ricordo, il sogno ad uno stesso livello mentale. 
Il cinema è, però, montaggio, vale a dire scelta, deformazione, trucco. Le immagini da sole non sono nulla, solo il montaggio le converte in verità o in menzogna. Attraverso tutti i film si effettua un deciframento documentario del mondo visibile, lo spazio e il tempo non sono più ostacolati ma si sono ormai confusi in un medesimo plasma. Le tecniche filmiche"intrattengono" i nostri sogni. Il cinema diventa uno specchio, ma è al tempo stesso una macchina. E' il prodotto di un'era meccanicistica. Fa parte di quelle tecniche moderne che ricostituiscono, sul piano pratico, l'ubiquità, la presenza-assenza, la metamorfosi.
Il cinema non si accontenta di dotare l'occhio biologico di un prolungamento meccanico che gli permetta di vedere più chiaramente e più lontano, non si limita a sostenere il ruolo della macchina nel mettere in moto operazioni intellettuali. E' la madre dell'immaginario e, inversamente, l'immaginario è determinato dalla macchina. Questa macchina, votata non alla fabbricazione di beni materiali ma alla soddisfazione di bisogno immaginari, ha suscitato un'industria del sogno. 
Con il cinema possiamo finalmente visualizzare i nostri sogni perchè questi si sono immersi sulla vita reale. Per la prima volta, grazie ad una macchina, i nostri sogni sono proiettati, vengono fabbricati industrialmente, condivisi collettivamente.

Nessun commento:

Posta un commento

Febbre da cavallo.

Lo stress di un genitore ha il suo apice quando i propri bimbi hanno la febbre. Ma non Una semplice febbre, un febbrone che non si c...